“Capricci”: strategie per l’uso!

Nel mio articolo “I capricci esistono?”ci siamo occupati di come interpretare e comprendere meglio i momenti in cui i bambini piccoli ci mettono in difficoltà e del perché sia più funzionale evitare di liquidarli come capricci, intesi come comportamenti bizzarri e incomprensibili.

Ora è il momento di passare al concreto. Che fare, cosa dire quando si è di fronte a un bimbo che ci  parla dei suoi bisogni con comportamenti di difficile gestione?

Proviamo dunque a definire alcune strategie da mettere in atto per favorire la crescita e lo sviluppo dei bambini, e che possano aiutare a contenere gli stati emotivi dei bimbi, ma anche dei genitori. Essere armati di strategie e pensieri consapevoli infatti aiuta a muoversi in modo più tranquillo nella gestione di esplosioni, musi lunghi e proteste dei piccoli.

Prima strategia: Aiutare i bambini a riconoscere e nominare le loro emozioni

“Trattare il neonato come se avesse una mente è il primo passo del processo di sviluppo della propria mente da parte del bambino” (R. Pally)

Sembra una provocazione, ma non è così scontato vedere un bimbo molto piccolo come un essere pensante. È però fondamentale per il suo sviluppo cognitivo attribuirgli fin da subito pensieri, bisogni, emozioni, desideri…e capacità di ascolto.

Quante volte abbiamo sentito parlare degli adulti di stati d’animo o di avvenimenti accaduti a un bambino, in sua presenza, ma come se lui o lei non ci fosse, o peggio, come se non capisse di chi si stesse parlando?

Da questa modalità siamo chiamati a fare un grande passo avanti, riconoscendo il bisogno dei bambini di essere trattati come essere pensanti.Ma anche come esseri piccoli e immaturi, che hanno bisogno di adulti in grado di leggere i loro bisogni e nominarli.

Qualche mattina fa il mio bimbo di 2 anni e pochi mesi dopo la colazione ha iniziato a dire una serie infinita di no, che un po’ ci stanno nella sua fase di crescita, ma sono poi sfociati in opposizione fisica al cambiarsi, e in un pianto vero. Mi sono fermata, ho respirato, perché devo ammettere che avevo una certa fretta di uscire di casa e il suo pianto di prima mattina mi stava mettendo a dura prova. Ho respirato, ho pensato, ho provato:”vedo che stai facendo molta fatica a prepararti per andare al nido, penso che oggi non hai voglia di uscire di casa. Adesso facciamo una coccola poi finiamo di prepararci, ok?”. Si è calmato, ha smesso di piangere, ha singhiozzato un paio di volte, si è lasciato vestire e siamo usciti.

Non sempre funziona, e non sempre capiamo immediatamente quale sia il bisogno del bambino, ma abbiamo sicuramente più competenze di un bimbo di 2 anni nel riconoscere e nominare bisogni ed emozioni. E lo dobbiamo fare. Questo non permette solo di gestire in modo più tranquillo situazioni difficili, ma nel tempo favorisce un buon sviluppo delle capacità cognitive del bambino e gli dà la possibilità di scoprirsi e riconoscersi negli occhi dell’altro.

Il processo in questione si chiama funzione riflessiva ed è ciò che permette il complesso sviluppo delle capacità del bambino di riconoscersi nelle sue emozioni e vissuti  e di differenziarsi dalla figura adulta.

La funzione riflessiva applicata al rapporto con i bambini,in pratica, prevede in particolare di farsi alcune domande:

Quali sono ora le emozioni del bambino?

Quali sono i suoi bisogni e i suoi pensieri?

Che cosa si aspetta?

Possiamo riassumere tali domande in“cosa c’è ora nella mente del bambino?”

Seconda strategia: tenere conto del livello di sviluppo del bambino

Come accennavo nell’articolo “I capricci esistono?” il cervello è composto da due parti, quella bassa che è la parte più primitiva, connessa alle emozioni forti, alle reazioni istintive e non mediate; quella superiore, la parte più evoluta e sofisticata, che permette di valutare e controllare emozioni ed impulsi e di elaborare pensieri complessi.

Nel loro interessante libro “12 strategie rivoluzionarie per favorire lo sviluppo mentale del bambino”, D. Siegel e T. Payne Bryson spiegano in modo molte efficace che il cervello del bambino è come una casa in costruzione, dove il piano terra è finito, mentre il piano superiore è in costruzione, e lo rimarrà ancora per molti anni. I due piani sono divisi da un cancelletto e questo rappresenta l’ostacolo che incontrano i bimbi quando sono in preda alla parte bassa del cervello.Le emozioni primitive ragionano per lui e lo fanno agire in modo impulsivo e incontrollato, e l’accesso al piano superiore è chiuso.

Mio figlio, sempre quello di prima, dopo una prima lezione in piscina in vasca grande, con il papà, non ne ha voluto sapere di lasciarsi convincere a farne un’altra, o meglio io ci ho provato fino ad arrivare lì ed entrare in vasca insieme, ma lui è scoppiato a piangere, e a nulla sono serviti i miei tentativi di rassicuralo, la parte primitiva era in azione e la paura aveva il controllo sul mio bimbo. In questi momenti il bambino è letteralmente in preda alla sua parte più istintuale, e non ci sono grandi discorsi da fare. Meglio cercare di calmare il bimbo abbracciandolo, rassicurandolo con un tono di voce tranquillo e con la nostra presenza.

Ciò che invece possiamo fare, e che favorisce lo sviluppo e l’integrazione delle due parti del cervello dei bimbi, sono due azioni:

  • Se ci accorgiamo che sta per partire una crisi di pianto o di rabbia dominata dalla parte inferiore del cervello, anziché porci con tono autoritario e dare al bambino un out-out, possiamo provare a comunicare che abbiamo visto che è, ad esempio, arrabbiato, che ci può spiegare il motivo,  si può cercare insieme una soluzione.In questo modo, andiamo ad attivare il piano superiore del cervello e aiutiamo il bambino ad accedervi, prima che il cancelletto si chiuda
  • Passato un momento critico possiamo riprendere l’accaduto con il bimbo, narrando quello che abbiamo osservato del suo comportamento e suggerendo delle strategie alternative; questo lo aiuterà nel futuro a immaginare dei comportamenti diversi

Terza strategia: dare regole molto chiare

Ho appena partecipato al convegno Dalla parte dei genitori, dove il pedagogista Daniele Novara ha rimarcato più volte un concetto apparentemente semplice, ma di fondamentale importanza nell’educazione dei bambini:

i genitori sono tenuti e autorizzati,a dare regole chiare ai bambini, nonostante i messaggi confusivi passati spesso da canali con dubbia valenza pedagogica. Il linguaggio va calibrato in base all’età dei bimbi a cui ci rivolgiamo e i concetti espressi con frasi semplici, positive e chiare.

“Alla fine di questo cartone si va a nanna” – “prima finisci i compiti, poi puoi scendere a giocare in cortile” – “dopo aver usato i cubetti vanno rimessi nella loro scatola”. In questo modo il bambino potrà comprendere in modo efficace quello che gli stiamo chiedendo, sarà più semplice riportare la situazione alla norma quando il bambino cerca di fare diversamente e si sentirà contenuto in un contesto prevedibile e rassicurante. Abituarli fin da piccoli a rispettare alcune norme semplici e chiare, significa gettare le basi per dargli in futuro regole su tematiche sempre più complesse, che accompagneranno il percorso di sviluppo del ragazzo.

Le regole vanno decise nei momenti tranquilli, in accordo con l’altro genitore, devono riguardare alcuni elementi fondamentali della vita della famiglia e vanno rispettate, in primis, da parte dei genitori.

Gli adulti hanno il compito, talvolta molto difficile, di essere coerenti e di non cedere di fronte a proteste e pianti dei bimbi. Occorre la capacità di spiegare loro il significato delle decisioni degli adulti e la consapevolezza che dire di no, per quanto possa provocare una momentanea piccola sofferenza, è in realtà la traccia che rassicura e orienta il percorso di crescita dei bambini.

Un percorso di crescita anche per i genitori

Il genitore perfetto non esiste e non è ciò di cui hanno bisogno i bambini-L’obiettivo della mia condivisione è aumentare il livello di consapevolezza dei genitori, e degli operatori della prima infanzia, rispetto alle possibilità che ha chi si occupa di crescita ed educazione dei bimbi.

Con le nostre risposte pensate e non solo d’impulso (che ci saranno ancora, tranquilli, e non pregiudicano la crescita dei nostri piccoli se non sono l’unico codice di comunicazione che utilizziamo) diamo spazio alle enormi potenzialità cognitive e di crescita emotiva dei bambini. Apriamo la strada dello sviluppo invece che chiudere con atteggiamenti autoritari, che non aiutano il bambino a pensare, sviluppare un pensiero critico, né gestire in modo armonico il proprio mondo emotivo.

E voi come reagite in queste situazioni? Se già mettete in atto delle strategie efficaci raccontateci la vostra esperienza. Sarà molto utile a tutti i nostri lettori. In caso contrario, provate e poi fatemi sapere come è andata.

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